Sibilla Aleramo, peseudonimo di Rina Faccio (1876-1960), una donna fuori dagli schemi oltre che celebre scrittrice, è stata una delle prime femministe del ‘900, un’anticipatrice della necessità di costruire la propria individualità fuori dai modelli tradizionali imposti dalla società.
Un femminismo che nasce dalla narrazione di sé, anticipazione della rivoluzione delle coscienze che sarebbe avvenuta nella seconda metà del ‘900. Le vicende della sua giovinezza la segneranno per sempre. Trasferitasi con la famiglia dal Piemonte a Civitanova Marche a 15 anni subì uno stupro da parte di un impiegato della fabbrica diretta dal padre; la famiglia la obbligò così a sposare il violentatore.
Un matrimonio senza amore, una vita monotona imposta dal marito, il provincialismo: tentò il suicidio col laudano. La cura contro il male di vivere la trovò nella scrittura, nella denuncia della condizione di sottomissione e costrizione che un’ipocrita ideologia del sacrificio imponeva alle donne e a favore del movimento femminista.
Sibilla credeva che lo scopo del femminismo non fosse quello della parità tra uomo e donna ma della conquista della libertà di amare, dell’indipendenza, della rivendicazione della diversità femminile.
Grazie alla collaborazione con alcune riviste riuscì a essere indipendente e nel 1900 chiese il divorzio; con la libertà conquistata perse però il diritto di madre: il marito le portò via l’adorato figlio con cui non riuscì più a ricongiungersi.
A Roma iniziò a scrivere Una donna, pubblicato nel 1906, che diverrà un successo autobiografico, dove c’è tutta l’amarezza e l’infelicità per il prezzo pagato per vivere una vita libera dai ruoli femminili imposti dalla società, cioè quello di moglie e madre. È il racconto privato di sé che diventa pubblico e politico, una coscienza anticipatrice dei temi del movimento femminista italiano degli anni ‘70.
A Milano nei primi anni del ‘900 diresse la rivista socialista Italia femminile, collaborò con Maria Montessori, Matilde Serao, Giorgina Saffi. Il suo impegno nel movimento femminista non si limitò alla scrittura ma si concretizzò nel tentativo di costituire sezioni del movimento delle donne, nelle manifestazioni per il diritto al voto e la lotta alla prostituzione.
Fece parte inoltre della sezione romana dell’Unione femminile nazionale e si impegnò nelle scuole serali femminili. Successivamente prese le distanze dal femminismo di allora che, a suo parere, doveva cambiare obiettivi e rivendicare ed esprimere la diversità femminile.
Il rapporto tra scrittura e vita fu il tratto dominante di tutta la sua opera. La sua voce non ci fa piombare in un passato ormai morto, ma ci riporta al presente e alla dose di coraggio necessaria per scegliere liberamente il proprio destino. L’attualità del suo pensiero è ricordata da Lea Melandri alla voce “Sibilla Aleramo” della Enciclopedia delle donne.